In Italia la situazione degli affitti è drammatica. Ecco la storia di questa ragazza, a cui è stato negato per un motivo incredibile.
Avremo sicuramente tutti sentito di quegli studenti che, iscritti all’Università di Milano, preferiscono e ritengono più conveniente fare i pendolari anche da città molto lontane invece di cercare e prendere un appartamento in affitto nelle vicinanze della Facoltà. Il capoluogo lombardo, infatti, è la punta dell’iceberg della situazione degli affitti in Italia, diventata sempre più drammatica: ecco qual è la realtà attuale.
Sono migliaia le persone che si trovano in crisi, in questo periodo: il loro attuale contratto d’affitto sta scadendo e sono costrette a trovare un’altra sistemazione, sempre in affitto poiché non si possono permettere un mutuo. I costi delle case sono però incredibili e, anche quando ce li si può permettere, vengono imposte norme e paletti ai limiti del socialmente accettabile. Ecco la storia di questa donna.
Le negano l’affitto perché ha una bambina
Si chiama Giulia, è una donna romana di soli 36 anni e ha una bambina di otto mesi. Da quando è incinta, quindi da più di un anno, Giulia cerca una casa da condividere con sua figlia nella periferia di Roma ma, ad oggi, ha ricevuto come risposte solo ed unicamente dei no. A dirglielo non solo i cittadini privati, ma anche le agenzie e i siti immobiliari web: di fatto, i bambini non sono graditi.
A parlare di questa situazione assurda è lei stessa che, nel corso di un’intervista all’Ansa, rivela di essere un’estetista e di lavorare sodo, quindi di essere disposta a firmare un regolare contratto d’affitto con tutte le specifiche del caso. Il pancione prima e la bambina poi, però, sembrano renderle impossibile la ricerca di una casa: “Nel 2023 ci dicono di fare i figli e poi ci trattano così?”, chiede ironicamente durante l’intervista.
Ha provato in diverse zone di Roma, da Tiburtina a Casaletto, passando per Zona Battistini o via Crisafulli. Sugli annunci, però, legge chiaramente “no animali” e “no bambini”. Addirittura, una volta le è stata riconsegnata la caparra di 700 euro già versata poiché, per via della presenza di sua figlia, la proprietaria dell’abitazione ci aveva ripensato. “Se non facciamo figli veniamo quasi crocifisse, poi quando li facciamo questo è il trattamento? In questo caso direi di essere effettivamente discriminata perché sono una mamma” conclude, con una nota di amarezza.