La diffamazione è un reato vero e proprio, con pene e ammende. Ma può essere perseguito solo in determinati casi: ecco quando denunciare.
Soprattutto oggi, nell’era digitale in cui viviamo, la diffamazione si è trasformata in un problema sempre più rilevante e complesso. Questo reato, che coinvolge la divulgazione di informazioni false e dannose su un individuo, può avere conseguenze devastanti per la reputazione e la vita di una persona. Non tutti sanno che, se qualcuno parla male di noi, possiamo denunciarlo. Ma devono configurarsi alcuni requisiti fondamentali.
La diffamazione può manifestarsi in molteplici forme, dalla tradizionale diffusione di voci dannose nel passato fino alle moderne piattaforme online, dove un singolo post diffamatorio può raggiungere un pubblico globale in pochi istanti. Questo fenomeno solleva importanti questioni sulla responsabilità e sui limiti della libertà di espressione.
La diffamazione può colpire sia individui che aziende, poiché la reputazione è diventata un elemento chiave nelle dinamiche sociali e commerciali. Dimostrare la falsità di un’affermazione e l’intenzione maliziosa può essere un compito complicato, spesso basato su prove circostanziali e testimonianze. Ecco i criteri necessari affinché possa configurarsi il reato di diffamazione.
Quando possiamo denunciare qualcuno che parla male di noi?
In molti Paesi, compresa l’Italia, la legge tratta la diffamazione come un reato. Chi diffama può essere perseguito legalmente e, se condannato, essere soggetto a sanzioni penali e civili. La legislazione italiana definisce la diffamazione come la divulgazione di notizie false al fine di danneggiare l’onore o il credito di un’altra persona. Questo può includere diffamazioni scritte, come articoli, post sui social media o commenti online, nonché diffamazioni verbali. La diffamazione è punita con la reclusione fino a 1 anno o la multa fino a 1.032 euro, ma il reato è aggravato (così come la pena) se l’offesa consiste nell’attribuzione di un fatto determinato o se diffusa con mezzo di pubblicità.
Preliminarmente va specificato che la legge italiana può intervenire per il reato di diffamazione solo su querela di parte. Non è possibile agire d’ufficio, dunque. Il reato di diffamazione – di qualsiasi natura esso sia – può dunque essere perseguito solo se interviene la denuncia della persona che si è sentita diffamata o danneggiata in qualche modo. Per questo occorre conoscere i criteri chiave per poter eventualmente denunciare. Sono essenzialmente tre.
In primis il fatto che la vittima sia assente e che, quindi, non possa difendersi. Fondamentale, poi, che vengano offesi l’onore e la reputazione della vittima, con epiteti ingiuriosi, ma anche con l’addebito di circostanze e condotte non corrispondenti al vero. Infine, che l’offesa venga comunicata a più persone. Quindi, se qualcuno ci insulta non possiamo querelarlo per diffamazione. Viceversa, se lo fa in un incontro pubblico, come un convegno, ma anche una cena, questo è possibile. Chiaramente, per luoghi pubblici ormai vengono (giustamente) intesi anche i social network e le app di messaggistica. Anche se le persone, stupidamente, credano che il web sia un porto franco.