L’esercito israeliano ha fatto irruzione a Al-shifa nel nord della Striscia sostenendo che nei sotterranei della struttura si nascondesse il comando centrale di Hamas. Secondo le Convenzioni di Ginevra del 1949, ogni edificio civile deve essere sempre protetto ma può perdere il proprio status qualora venga utilizzato per scopi militari
Ha impressionato l’ingresso dei soldati israeliani all’interno dell’ospedale al-Shifa di Gaza, dopo giorni di assedio. Il governo guidato da Benjamin Netanyahu sosteneva che nei sotterranei della struttura si nascondesse il comando centrale di Hamas, incluso Yahya Sinwar, ritenuto la mente degli attacchi del 7 ottobre. Al momento, come documentato dagli stessi militari, sono stati rivenuti solo qualche decina di armi, munizioni e un portatile mentre non è stata dimostrata la presenza di tunnel sotto l’edificio.
Gli stessi medici dell’ospedale hanno negato la presenza dei miliziani palestinesi. L’esercito israeliano dal canto suo ha parlato di “un’operazione precisa e mirata” contro Hamas che “non intende danneggiare i pazienti, il personale medico o i cittadini presenti nell’ospedale”, precisando che la direzione di al-Shifa è stata allertata prima del blitz delle truppe israeliane.
Il diritto internazionale umanitario impone di proteggere in ogni circostanza gli ospedali. Chi attacca una struttura medica commette un crimine di guerra al pari di chi usa la popolazione civile, i malati e feriti, come scudi umani.
Esiste però un’eccezione. Come recita l’articolo 19 della IV Convenzione di Ginevra, un ospedale può perdere il proprio status, e diventare dunque un target legittimo, qualora venga utilizzato per commettere “atti dannosi nei confronti del nemico”, ma soltanto dopo che sia stato diramato un avvertimento, con un “termine ragionevole” che consenta l’evacuazione dei civili, e questo sia rimasto inosservato, spiega Mathilde Philip-Gay, dell’università di Lione, citata dall’Agence France Presse.
Nei casi dubbi, quando non è possibile stabilire con certezza se la struttura venga usata o meno per scopi militari, secondo il diritto internazionale umanitario prevale la “presunzione che non lo è” e dunque l’ospedale conserva il proprio status e deve essere protetto.
A ogni modo resta immutato l’obbligo di “assumere tutte le precauzioni per evitare di colpire intenzionalmente i civili”. Questo vuol dire che, anche qualora un ospedale venga usato per scopi militari, l’altra parte in conflitto “non ha il diritto di bombardarlo” indiscriminatamente, spiega Phili-Gay richiamando il principio della “proporzionalità”, prescritto dall’articolo 51 del Protocollo aggiuntivo alle Convenzioni di Ginevra del 1977, ovvero dell’equilibrio tra i “vantaggi militari attesi” e i “danni ai civili previsti”.
“Case, scuole, ospedali, chiese e moschee sono protetti fino a quando non perdono il loro status perché usati per scopi militari”, ha scritto sul Guardian Karim Khan, procuratore capo della Corte penale internazionale. A differenza di Israele, la Palestina ha sottoscritto lo Statuto di Roma che ha istituito nel 2002 la Cpi. Per questo la Corte ha giurisdizione su Gaza e Cisgiordania. In caso di dubbio sullo status dell’ospedale, “l’aggressore deve presumere che sia protetto dal diritto internazionale”, conferma Karim. Non solo: “L’onere di dimostrare che abbia perso lo status spetta a chi spara o lancia missili e razzi”.
Coerentemente con le Convenzioni di Ginevra, lo Statuto definisce, all’articolo 8, un “crimine di guerra” gli attacchi intenzionali diretti a edifici civili come gli ospedali.
Khaled Abu Samra, medico dell’ospedale al-Shifa, ha raccontato alla Cnn di aver ricevuto un preavviso di 30 minuti prima dell’inizio dell’operazione israeliana. Secondo Mohammed Zaqout, direttore degli ospedali di Gaza, prima del blitz all’interno del complesso erano presenti circa 650 pazienti, 500 operatori sanitari e oltre 2.500 sfollati.
L’assalto è arrivato dopo giorni di assedio che hanno ridotto al collasso l’ospedale, privato di elettricità, acqua, cibo e forniture mediche. Al -shifa “non funziona più come un ospedale“, ha denunciato su X il direttore generale dell’Organizzazione mondiale della Sanità, Tedros Adhanom Ghebreyesus. Le immagini dei neonati prematuri fuori dalle incubatrici, ormai spente perché a corto di ossigeno, sono diventate virali sui social media.
Il ministero della Sanità palestinese ha accusato Tel Aviv di “crimini di guerra“ perpetrati “contro una struttura medica protetta dalla IV Convenzione di Ginevra“. Anche la Giordania ha condannato l’operazione dell’esercito israeliano nell’ospedale Al-Shifa, definendola una violazione del diritto internazionale umanitario.
Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu dal canto suo ha respinto al mittente le accuse. “Mentre Israele fa di tutto per tenere i civili lontani dal pericolo, Hamas fa di tutto per tenerli in pericolo. Israele offre ai civili di Gaza corridoi umanitari e zone sicure, Hamas impedisce loro di uscire sotto la minaccia delle armi”, ha scritto su X. “È Hamas, non Israele, a dover rispondere di aver commesso un doppio crimine di guerra: colpire i civili e nascondersi dietro di loro. Le forze della civiltà devono sostenere Israele nello sconfiggere la barbarie di Hamas“.
“Niente giustifica atti di guerra contro strutture sanitarie”, ha ammonito il responsabile degli aiuti umanitari delle Nazioni Unite Martin Griffiths.
L’Alto commissario dell’Onu per i diritti umani Volker Türk dal canto suo ha chiesto a Israele di autorizzare l’ingresso di osservatori indipendenti. “Questa è esattamente una delle circostanze che richiedono un’indagine internazionale indipendente, dal momento che abbiamo due differenti versioni”, ha detto. “Non si possono usare gli ospedali per scopi militari e non si possono neanche attaccare gli ospedali senza chiare prove”. Gli ospedali, ha ribadito, “godono di una protezione speciale in base al diritto umanitario internazionale”.
“Non c’è nessun posto sicuro” per il milione di bambini di Gaza, ha affermato d’altra parte la direttrice esecutiva dell’Unicef Catherine Russell, dopo una visita nell’enclave palestinese da oltre cinque settimane sottoposta a intensi bombardamenti. “Le parti in conflitto stanno commettendo gravi violazioni contro i bambini, tra cui uccisioni, mutilazioni, rapimenti, attacchi a scuole e ospedali e il diniego dell’accesso umanitario, tutte cose che l’Unicef condanna”. Russell ha chiesto “ancora una volta a tutte le parti di garantire che i bambini siano protetti e assistiti, come previsto dal diritto umanitario internazionale”.
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