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Da Rummo a Barilla, i pastifici che sono stati boicottati sui social

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Alessia Manoli

Il caso Rummo-Salvini è all’ordine del giorno: ecco cosa era successo in passato e cosa è stato fatto per migliorare

Il pastificio Rummo di Benevento si ritrova al centro di una controversia mediatica dopo la recente visita del vicepremier italiano, Matteo Salvini. Mentre Salvini ha documentato la sua visita con foto pubblicate sui social media, la reazione del pubblico è stata sorprendentemente negativa. Gli utenti, che in passato avevano supportato il pastificio con l’hashtag #saverummo dopo l’alluvione del 2015, ora stanno promuovendo un boicottaggio del brand con l’hashtag #boicottaRummo. Questa reazione contrasta con il sostegno precedente ricevuto online e ha suscitato una certa confusione da parte di Cosimo Rummo, proprietario del pastificio. Egli ha difeso la visita di Salvini, sottolineando che il ministro delle Infrastrutture stava mostrando un interesse per gli investimenti a Benevento. La reazione negativa sui social media, secondo Rummo, sembra ingiustificata, e ha espresso il suo disappunto riguardo a commenti sarcastici e ironici.

Su X (ex Twitter), l’hashtag #rummo è diventato una tendenza, ma in modo sorprendente è stato affiancato dall’hashtag #boicottaRummo. La situazione ha scatenato una serie di immagini e post creati con l’intelligenza artificiale, incluso un ponte di Messina fatto di pasta. Il video di Salvini su TikTok, in cui difendeva il made in Italy, ha ricevuto critiche anche per il suo tono nazionalista. L’intera vicenda evidenzia il ruolo sempre più rilevante che i social media giocano nella percezione delle aziende e delle loro interazioni con figure politiche. La reazione negativa dimostra come il supporto politico possa influenzare la reputazione di un brand, e in questo caso, ha portato a una rapida inversione di opinione tra gli utenti online.

Il caso del pastificio “La Molisana”

Il noto pastificio italiano “La Molisana” si è trovato, nel 2021, al centro di una polemica sociale a causa della descrizione su alcune varietà di pasta ideate negli anni ’30, accusate di celebrare il fascismo. La presentazione delle Abissine affermava che erano di “sicuro sapore littorio”, suscitando critiche online. Alcuni utenti hanno anche contestato la descrizione delle Tripoline come evocative di luoghi coloniali.

L’hashtag #LaMolisana era diventato un trending topic su Twitter, con opinioni divise. Alcuni difendevano il marchio, affermando che la polemica fosse pretestuosa e che non avrebbe dovuto penalizzare l’intera azienda per l’errore di una singola agenzia di comunicazione. Rossella Ferro, responsabile marketing della famiglia proprietaria del pastificio, ha chiarito che l’errore è stato commesso dall’agenzia e hanno modificato le descrizioni, sottolineando come non vi fosse alcun intento celebrativo del periodo storico. La risposta ufficiale dell’azienda all’ANSA ha dichiarato le scuse per il riferimento inaccettabile, con l’impegno di revisionare il nome del formato coinvolto. La difesa è stata sostenuta anche da Michele Petraroia dell’Anpi Molise, che ha richiesto ulteriori chiarimenti sulla totale estraneità dell’azienda al fascismo.

Barilla e le pubblicità controverse

Correva l’anno 2013 quando Barilla ha scatenato una controversia con le dichiarazioni del patron Guido Barilla riguardo alla pubblicità della sua azienda nei confronti di modelli familiari meno tradizionali, in particolare quelli omosessuali. Il patron, ospite del programma radiofonico La Zanzara, aveva espresso chiaramente la sua opposizione all’inclusione di modelli familiari non eterosessuali nelle pubblicità Barilla. Questa presa di posizione ha suscitato numerose polemiche, soprattutto sui social media, e ha avuto un impatto significativo, specialmente negli Stati Uniti. Le reazioni a queste dichiarazioni sono state variegate, con molte persone che hanno criticato Barilla per la sua visione tradizionale e limitante della famiglia. Altri, tuttavia, hanno difeso il suo diritto di esprimere le proprie opinioni personali, sottolineando che la pubblicità è una questione di scelta aziendale.

ANSA/FLAVIO LO SCALZO

 

Tuttavia, l’errore di Barilla è emerso quando ha invitato i consumatori omosessuali a cercare altrove, suggerendo loro di acquistare prodotti di altre marche. Questo atteggiamento ha sollevato polemiche ancor più intense, poiché ha allontanato potenziali clienti e ha suscitato accuse di discriminazione. Questo episodio ha sollevato questioni più ampie sulla differenza tra opinioni personali e comunicazioni pubbliche, mettendo in evidenza la delicata relazione tra opinioni individuali del leader e l’immagine dell’azienda che rappresenta. La reazione pronta e intensa sui social media ha dimostrato il potere di tali piattaforme nel rendere visibili e amplificare le questioni sociali e i malumori del pubblico. Inoltre, il caso Barilla ha evidenziato il fatto che, anche se la pubblicità può riflettere le opinioni personali dell’azienda, è fondamentale considerare le implicazioni più ampie di tali dichiarazioni sulla percezione dell’azienda da parte del pubblico.

A novembre 2013, meno di due mesi dopo lo scandalo, Guido Barilla emise un “mea culpa” annunciando un cambiamento nella politica dell’azienda a favore della diversità. Dichiarò che la diversità, inclusione e uguaglianza erano valori fondamentali e parte integrante della cultura di Barilla. Si impegnò a promuovere la diversità, indipendentemente da età, disabilità, sesso, razza, religione o orientamento sessuale. Barilla istituì il “Diversity & Inclusion Board”, composto da esperti esterni indipendenti, tra cui David Mixner, un influente leader LGBTQ+, e Alex Zanardi, medaglia d’oro alle Paraolimpiadi. Questo consiglio aveva il compito di stabilire obiettivi e strategie concrete per migliorare la diversità e l’uguaglianza all’interno dell’azienda. Organizzò anche corsi di formazione sulla diversità, coinvolgendo i suoi oltre 8000 dipendenti, per prevenire discriminazioni e promuovere un ambiente di lavoro inclusivo. L’azienda inoltre estese i benefici, inclusa la copertura sanitaria, alle famiglie e ai parenti dei dipendenti transgender, dimostrando un impegno tangibile verso l’inclusione. Poi destinò parte dei suoi ricavi alla Tyler Clementi Foundation negli Stati Uniti, un’organizzazione contro il bullismo fondata dalle famiglie degli studenti gay che si sono suicidati. Sostenne anche altre iniziative favorevoli ai diritti LGBTQ+. Guido Barilla continuò a chiedere scusa pubblicamente e a riaffermare l’impegno dell’azienda verso la diversità, anche quando l’azienda aveva già preso una direzione positiva. Questo contribuì a dimostrare un cambiamento autentico e duraturo. Barilla ottenne così un “punteggio perfetto” dalla Human Right Campaign, un’associazione per i diritti LGBTQ+, senza neanche richiedere la valutazione. Questo riconoscimento confermò che l’azienda aveva implementato politiche e pratiche inclusive per la comunità LGBTQ+.

Sempre Barilla, ma con il “Carbonara Day”

Barilla nell’aprile 2023 ha lanciato un cortometraggio intitolato “Open Carbonara” in occasione del Carbonara Day, cercando di promuovere una versione più inclusiva della carbonara. Nel video, ambientato in una mensa scolastica a Roma, si presenta l’idea del padre di una bambina, chef di professione, di creare una carbonara alternativa per coloro che non possono consumare carne di maiale. Questa versione propone un piatto con patate, zafferano e rape rosse, sostituendo guanciale, uova e parmigiano.

La reazione del pubblico online è stata intensa, con discussioni accese e richieste di boicottaggio del marchio Barilla. Alcuni critici hanno etichettato l’iniziativa come “woke”, termine spesso usato in modo dispregiativo per chi si occupa di questioni sociali a scapito di altri problemi più concreti. L’hashtag #BoycottBarilla è stato diffuso online, invitando le persone a boicottare il marchio in favore di altri produttori di pasta. Alcuni individui hanno avanzato teorie del complotto, sostenendo che lo spot sia un tentativo di sopprimere la tradizione in favore di una società influenzata dai dettami dell’Islam. Va notato, però, che Barilla ha già suscitato controversie in passato, come nel tentativo di introdurre prodotti alimentari a base di farina di insetti lo scorso autunno. La controversia evidenzia la delicatezza delle dinamiche culturali legate al cibo e come le imprese possano inciampare nell’affrontare temi sensibili.

Il caso di Barilla dimostra che, attraverso un impegno sincero, azioni concrete e una cultura aziendale orientata alla diversità, un’azienda può trasformare una situazione negativa in una storia di successo nell’ambito della responsabilità sociale e dell’inclusione. Il modo in cui le aziende gestiscono le controversie e rispondono alle reazioni del pubblico diventa cruciale nell’era digitale, dove le notizie e le opinioni si diffondono rapidamente. 

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Alessia Manoli

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