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Politica

Argentina, altre lacrime sangue dal “loco” Javier Milei: via 5mila statali

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Federica Giovannetti

Dopo il mega decreto per la deregulation e le privatizzazioni, il presidente ultra liberista ha annunciato che non rinnoverà i contratti pubblici in scadenza. In migliaia sono scesi di nuovo in strada per protestare contro la politica di austerità del governo

 

Sindacati di nuovo in piazza a Buenos Aires contro le politiche lacrime e sangue del “Trump d’Argentina” Javier Milei, il presidente di ultra destra che appena messo piede nelle Casa Rosada, il 10 dicembre scorso, ha iniziato a smantellare l’economia con ricette iperliberiste.

In migliaia hanno protestato contro il mega decreto firmato mercoledì scorso dal capo di Stato e le drastiche misure di deregulation e privatizzazione messe in campo dal governo per invertire la grave crisi in cui versa la terza economia dell’America Latina, alle prese con l’inflazione oltre il 140% e il 40% della popolazione al di sotto della soglia di povertà. A manifestare c’era anche la Confederazione generale del lavoro (Cgt), la potente e maggioritaria federazione dei sindacati argentini, di orientamento peronista, che aveva disertato la mobilitazione della scorsa settimana.

Contratti pubblici, via 5mila statali

Intanto l’Ate, il sindacato che rappresenta i dipendenti pubblici, minaccia lo sciopero generale della categoria contro un altro decreto annunciato ieri dall’esecutivo e che porterà all’uscita di migliaia di statali. Nel 2024 il governo argentino – che ha già ridotto il numero dei ministeri da diciotto a nove – non rinnoverà circa 5mila contratti pubblici firmati nel 2023 e in scadenza entro l’anno, ha spiegato il portavoce del presidente Manuel Adorni.

Inoltre verrà riesaminato più di un milione di piani sociali per individuare “irregolarità”. Secondo il governo sarebbero 160mila le persone a percepire sussidi statali pur non avendone diritto, per un valore complessivo di 10 miliardi di peso (12,45 milioni di dollari). L’obiettivo è “rendere il sistema trasparente e fare in modo che sostenga di che ha bisogno”, ha detto Adorni.

Manifestazione a Buenos Aires contro le politiche ultra liberiste di Javier Milei | Foto X @CTAAutonoma

Deregulation selvaggia e privatizzazioni

Lo scorso 20 dicembre il presidente “loco” ha annunciato un vasto piano di deregolamentazione del mercato, con l’eliminazione di controlli e restrizioni su commercio, servizi e industria. Il decreto modifica o abroga oltre trecento norme. “L’obiettivo è ricostruire il Paese, restituire libertà e autonomia ai cittadini e cominciare a eliminare l’enorme quantità di norme che ostacolano la crescita economica”, ha detto il presidente in un discorso trasmesso in televisione

Tra le misure annunciate c’è l’abrogazione delle norme che impediscono la privatizzazione delle aziende pubbliche, dalla compagnia aerea Aerolineas Argentinas e al gruppo petrolifero Ypf. Verranno abrogate anche le leggi sugli affitti,in modo che il mercato immobiliare possa ricominciare a funzionare”, ha spiegato il capo dello Stato. Sono previste inoltre misure per “modernizzare il diritto del lavoro” e stimolare l’occupazione.

Il provvedimento dovrà però superare lo scoglio del Parlamento dove il partito di Milei, La Libertà Avanza, è in minoranza. Con soli 40 seggi su 257 alla Camera e sette su 72 al Senato, dovrà assicurarsi i voti della coalizione di centrodestra Juntos por el cambio e dei parlamentari indipendenti.

Il giorno dopo l’annuncio delle misure, migliaia di persone si erano riversate nelle strade delle principali città dell’Argentina per protestare contro il mega-decreto del presidente “anarco-capitalista”, al grido di “la patria non si vende” e “Milei spazzatura, sei la dittatura“.

“Neanche un passo indietro”. Manifestazione a Buenos Aires contro il governo Milei | Foto X @CTAAutonoma

Svalutazione del peso verso la “dollarizzazione” dell’economia

Appena insediato, il governo aveva già messo in campo una prima serie di misure drastiche con l’obiettivo di ridurre la “catastrofe dell’iperinflazione” e disinnescare la “bomba del debito pubblico”, come ha spiegato il ministro dell’Economia Luis Caputo. Prima fra tutte, la svalutazione della moneta di oltre il 50% (800 peso per un dollaro). Il traguardo finale del presidente è la “dollarizzare” dell’economia argentina. La svalutazione della moneta, almeno in una prima fase, colpirà le fasce più vulnerabili della popolazione, il cui potere d’acquisto verrà ulteriormente ridotto.

Tra le altre misure, l’esecutivo intende tagliare alle agevolazioni statali nei settori dei trasporti e dell’energia.Attualmente lo stato mantiene artificialmente i prezzi bassi grazie ai sussidi, che però causano una serie di effetti negativi”, ha detto Caputo. La misura avrà conseguenze dirette sulla vita di milioni di argentini, soprattutto nella capitale Buenos Aires. Lo Stato inoltre rinuncerà a nuove opere infrastrutturali e cancellerà i progetti non ancora avviati. “Dovrà occuparsene il settore privato”, ha spiegato Caputo.

“I soldi sono finiti”

“Per qualche mese staremo peggio di prima, ma queste misure sono inevitabili”, ha ammesso il ministro. “I soldi sono finiti”. Una consapevolezza che sembra ben presente nel governo. Lo stesso presidente, nel discorso d’insediamento del 10 dicembre, ha avvertito che “nel breve periodo le cose peggioreranno”. Ma nel giro di “18-24 mesi” le misure di austerità permetteranno di riportare sotto controllo l’inflazione, ha promesso.

Per limitare l’impatto delle politiche di austerità, il governo amplierà i sussidi statali e i programmi sociali, come i buoni spesa e gli assegni familiari.

Secondo Kristalina Georgieva, direttrice del Fondo monetario internazionale, le ricette messe in campo da Milei sono “un passo importante verso il ritorno della stabilità nel Paese”, che deve rimborsare un prestito da 44 miliardi di dollari concesso dal Fmi nel 2018.

Federica Giovannetti

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