La sorella della vittima Elena: “Il ministro dei Trasporti che dubita della sua colpevolezza perché bianco, perché ‘di buona famiglia’. Anche questa è violenza, violenza di Stato”. Intanto è bufera sul consigliere leghista del Veneto Valdegamberi: “Esalta simboli del satanismo”
“Il ministro dei Trasporti che dubita della colpevolezza di Turetta perché bianco, perché ‘di buona famiglia’. Anche questa è violenza, violenza di Stato”. Con una story su Instagram la sorella di Giulia Cecchettin, Elena, attacca Matteo Salvini che su X ha commentato con inconsueto garantismo l’arresto del ragazzo accusato dell’omicidio della 22enne: “Se colpevole, nessuno sconto di pena e carcere a vita”, ha scritto il leader del Carroccio. La ragazza ricorda poi come nel maggio scorso Lega e Fratelli d’Italia si siano astenuti al Parlamento europeo chiamato a ratificare la Convenzione di Istanbul sul contrasto alla violenza sulle donne.
A distanza di poche ore il vicepremier torna sulla vicenda, replicando indirettamente alla 24enne. “Per gli assassini carcere a vita, con lavoro obbligatorio. Per stupratori e pedofili – di qualunque nazionalità, colore della pelle e stato sociale – castrazione chimica e galera. Questo propone la Lega da sempre, speriamo ci sostengano e ci seguano finalmente anche altri. Ovviamente, come prevede la Costituzione, dopo una condanna stabilita in Tribunale augurandoci tempi rapidi e nessun buonismo, anche se la colpevolezza di Filippo pare evidente a me e a tutti”.
A gettare benzina sul fuoco un altro post, questa volta del consigliere della Regione Veneto, eletto nella lista Zaia presidente, Stefano Valdegamberi, che su Facebook se la prende con Elena Cecchettin per le posizioni contro la diffusa “cultura patriarcale” come “preludio al femminicidio“. Il consigliere parla di “messaggio ideologico, costruito ad hoc, pronto per la recita”, per poi tirare in ballo la “società satanista” in riferimento alla felpa indossata dalla ragazza “con certi simboli“. Per non parlare della “freddezza” e della “apaticità” di fronte alla tragedia della sorella, che alimentano “dubbi e sospetti” da far valutare ai magistrati.
Se il Partito democratico parla di “farneticazioni”, il presidente leghista del Veneto Luca Zaia le bolla come “stupidaggini” dalle quali si dissocia “totalmente”. Lui, Valdegamberi, è tornato a scrivere sui social per precisare che si trattava di “un commento di non condivisione di dichiarazioni che minimizzano la responsabilità personale dell’omicida, per cercarla nel presunto ‘modello patriarcale'”. Salvo ribadire il concetto: “Poi se scopro dai social media che l’appello viene fatto da una ragazza che abbraccia ed esalta simboli di satanismo che tutto sono tranne che amore e fratellanza, non posso pormi degli interrogativi?“, insiste.
“Turetta viene spesso definito come mostro, invece mostro non è. Un mostro è un’eccezione, una persona esterna alla società, una persona della quale la società non deve prendersi la responsabilità. E invece la responsabilità c’è”. È l’incipit della lettera che Elena Cecchettin ha scritto al Corriere della Sera per chiarire il proprio pensiero. “I mostri non sono malati, sono figli sani del patriarcato, della cultura dello stupro. La cultura dello stupro è ciò che legittima ogni comportamento che va a ledere la figura della donna, a partire dalle cose a cui talvolta non viene nemmeno data importanza ma che di importanza ne hanno eccome, come il controllo, la possessività, il catcalling. Ogni uomo viene privilegiato da questa cultura”, scrive la sorella di Giulia.
Elena quindi chiama gli uomini alle proprie responsabilità. “Viene spesso detto ‘non tutti gli uomini’. Tutti gli uomini no, ma sono sempre uomini. Nessun uomo è buono se non fa nulla per smantellare la società che li privilegia tanto. È responsabilità degli uomini in questa società patriarcale dato il loro privilegio e il loro potere, educare e richiamare amici e colleghi non appena sentano il minimo accenno di violenza sessista. Ditelo a quell’amico che controlla la propria ragazza, ditelo a quel collega che fa catcalling alle passanti, rendetevi ostili a comportamenti del genere accettati dalla società, che non sono altro che il preludio del femminicidio. Il femminicidio è un omicidio di Stato, perché lo Stato non ci tutela, perché non ci protegge. Il femminicidio non è un delitto passionale, è un delitto di potere. Serve un’educazione sessuale e affettiva capillare, serve insegnare che l’amore non è possesso. Bisogna finanziare i centri antiviolenza e bisogna dare la possibilità di chiedere aiuto a chi ne ha bisogno. Per Giulia non fate un minuto di silenzio, per Giulia bruciate tutto“.
In migliaia hanno risposto all’appello di Elena. Dopo la fiaccolata che ieri sera ha riempito la piazza di Vigonono, la città in provincia di Venezia dove Giulia viveva con la famiglia, l’Italia intera si mobilita nel nome della 22enne uccisa. Sit-in, flash mob, cortei, silenzio, licei occupati. Iniziative che precedono le grandi manifestazioni nazionali in programma per sabato prossimo, in occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza sulle donne, a Roma e a Messina, promosse da “Non una di Meno”.
Scuole e università sono in prima linea. Il ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara ha promosso per domani alle 11 un minuto di silenzio in tutti gli istituti per le donne vittime di violenze. Per mercoledì prossimo invece ha annunciato una conferenza stampa con cui presenterà le linee guida del piano “Educare alle relazioni” messo a punto dal ministero per le scuole superiori contro la violenza di genere.
“Faremo rumore nelle scuole di tutta Italia. Bruciate tutto”, si legge nel post di ‘Roma scuole in lotta’. Il movimento Osa promuove per domani “una giornata di rabbia” nelle scuole e nelle università. Sempre a Roma è stato occupato il liceo Machiavelli “per Giulia e contro ogni femminicidio. Mai più vittime”, lo slogan.
Fermento anche nelle università. I viali della Sapienza di Roma sono stati attraversati oggi da un corteo organizzato da Sinistra universitaria. “Se domani non torno, distruggi tutto”, recita uno dei manifesti. La Crui, la Conferenza dei rettori, si è impegnata a favorire “nelle Università tutte le iniziative volte a promuovere il rispetto della persona e fermare la violenza contro le donne”.
Giulia frequentava la facoltà di Ingegneria all’università di Padova, dove avrebbe dovuto laurearsi lo scorso giovedì in ingegneria biomedica. E lì, nel “suo” cortile, che centinaia di studenti si sono radunati ieri mattina per un flash mob rumoroso contro i femminicidi, mentre nelle aule l’inizio delle lezioni è stato introdotto da un minuto di silenzio.
La rettrice dell’ateneo di Padova Maddalena Mapelli intanto ha fatto sapere che Giulia riceverà “di sicuro” la laurea che le spetta e per cui si era impegnata al massimo. “Quando sarà il momento contatteremo la famiglia per una cerimonia con le tempistiche e le modalità che la famiglia vorrà accettare”.
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