Il garantismo serve a tutelare le persone non tanto dagli errori in tribunale o dai soprusi dei magistrati, ma dall’abuso dei sottoposti a processo
Il termine garantismo indica una concezione politica che sostiene la tutela delle garanzie costituzionali del cittadino da possibili abusi da parte del potere pubblico, atti a tutelare le fondamentali libertà dei cittadini nei confronti del potere pubblico – e, in particolare, nei confronti del potere giudiziario -.
Ma qual è il presupposto del garantismo? Dovrebbe essere la convinzione che la soggezione alla giustizia costituisca un’ingiustizia necessaria. E il bene protetto dall’istanza garantista non dovrebbe essere la presunzione di innocenza, il diritto alla difesa, l’imparzialità del giudice, che sono tutti corollari accidentali e fuorvianti.
Il bene protetto dall’istanza garantista è il diritto del singolo, pregiudicato per il sol fatto di essere giudicato, per il sol fatto di essere soggetto al potere accusatorio, inquisitorio e punitivo dello Stato. In questo quadro, esistono solo innocenti e un solo colpevole: questo è lo Stato, e quelli sono tutti coloro che ne subiscono la pretesa di giustizia.
Dunque non conta più nulla la responsabilità dell’imputato né quanto essa sia grave e documentata, cosa che dal punto di vista garantista è semplicemente irrilevante.
Conta il fatto che l’imputato è la vittima innocente di quel sopruso (innocente non nel senso che non ha commesso delitti, ma nel suo rapporto col potere pubblico), che resta sopruso per quanto sia dovuto.
Nemmeno l’arresto più giustificato, nemmeno l’incolpazione più ineccepibile, nemmeno la sentenza meglio motivata e più aderente al diritto, insomma nemmeno la giustizia più incensurabile si sgrava di questo proprio vizio originario, nemmeno la giustizia più incolpevole si assolve da questa colpa connaturata.
L’idea che quel difetto ineluttabile ai assolva nella soddisfazione del diritto della società a veder fatta giustizia è a base della più comune obiezione: ma esprime a sua volta un fraintendimento micidiale. Perché la società stessa, che pure si sentisse offesa dal delitto e avesse ragione di dolersene, e reclamasse pertanto risarcimento, dovrebbe comprendere di difendersi in tal modo esercitando in ogni caso un’ingiustizia, e cioè lasciando che un proprio consorziato sia sottoposto alla grinfia del potere pubblico.
Invece in Italia garantista è, nella totalità dei casi tranne rarissime eccezioni chi vuole veder tutelati i diritti degli amici, dei sodali, dei parenti, riservando agli altri la gogna.
E viceversa vedrai feroci forcaioli che diventano agnelli garantisti se a finire sotto il torchio della giustizia capita qualche esponente del proprio partito di rappresentanza. Uno spettacolo che sarebbe comico, se non fosse penoso e se non deturpasse il nobile nome di garantismo, scambiandolo per uno strumento in mano al clan di appartenenza per piegarlo dove soffia il vento.
Ricordiamo dunque che il garantista è vero se una volta è stato capace di difendere qualcuno lontano dalla propria cerchia, qualcuno di antipatico, qualcuno che appartenga a uno schieramento politico con cui si è quotidianamente in lotta.
E che se si è garantisti, lo si è per sempre, e non solo quando fa comodo. Cioè, in Italia: mai, se non appunto le nobili eccezioni prima menzionate.
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