Ecco quale rivalutazione si prospetta nei confronti dei cedolini 2024 a fronte di un’inflazione in recupero negli ultimi giorni dell’anno. Qualche cifra.
Dopo la pubblicazione della Nadef, la nota di aggiornamento del documento di economia e finanza, le valutazioni sulla prossima legge di bilancio si sono intensificate e in un certo, inasprite, a fronte delle linee guida che dovranno passare al vaglio del Parlamento prima di attivare la manovra di governo del prossimo anno. Come si può comprendere, non tutte le misure di materia economica sono accomodanti, o almeno impressione fotografica dell’attuale status quo.
Secondo un’equazione concorde con la Storia, si può tagliare da un angolo della coperta non senza che venga tirata all’estremo opposto, sempre più corta. Le soluzioni economiche, nel quadro dei vincoli di bilancio imposti dall’Europa, appaiono come sempre più come placebi nel novero di una patologia conclamata, ovvero l’annosa recessione produttiva del vecchio continente. In Italia, col PIL a crescita dello “zero virgola”, dopo l’escalation delle conseguenze belliche europee, gli effetti si scateneranno proprio nel prossimo anno.
Come detto, la coperta è sempre più corta e anche le politiche del 2024 non presenteranno particolari innovazioni (almeno quelle dal segno positivo). Il 2023 ha visto lungo il suo sostanziale corso, l’azione erosiva dell’inflazione, incidendo con forte impatto sul costo della vita e sui consumi essenziali e no della gran parte dei cittadini. Lo sfondamento del muro delle due cifre percentuali ha comportato come risposta l’anticipo di una parte della rivalutazione ISTAT.
Il completamento delle erogazioni relative alle integrazioni su pensioni, indennità, assegni sociali e altri contributi (in pratica, sui pagamenti INPS) ha fatto riscontrare quella che oggi appare come un’intensa emorragia nelle casse dello Stato. Resta insufficiente il dato di fatto del rientro dell’emergenza inflazionistica, la quale è scesa, all’inizio dell’ultimo trimestre di quest’anno, persino sotto il 6%.
Le previsioni stanno oramai diventando delle conferme e sostanzialmente l’indice dell’inflazione chiuderà al 8,1% al 31 dicembre 2023. Insomma, una leggera risalita che non sarà di secondaria importanza per i conti pubblici. Pertanto, sono già note alcune iniziative del Consiglio dei Ministri da includere nella prossima legge di bilancio.
Verranno rispolverate alcune vecchie detrazioni alle famiglie che si affiancheranno ad un generalizzato aumento di tasse e imposte, compresa qualche limatura su iva agevolata e agevolazioni fiscali.
Nel contesto delle pensioni, all’orizzonte si staglia il possibile taglio delle pensioni di alcuni dipendenti pubblici (in primis, medici e personale ospedaliero). E mentre l’inflazione sta tendendo sin da oggi ad una nuova ascesa, i tassi di rivalutazione in base ai consumi si attesteranno a +5,4% dal 1° gennaio 2024.
Con un poco di matematica s’intende che l’appianamento rispetto ai consumi appare insufficiente. All’interno del nuovo quadro delle aliquote reddituali, con fasce accorpate, si registreranno aumenti mensili da 122 euro sulle pensioni fino a quattro volte il trattamento minimo, a 112,96 euro, ma per trattamenti tra 8 e 10 volte il minimo.
La prima fascia beneficerà dunque del 100% del nuovo tasso, e scalando (ovvero fio alle pensioni più alte) del 22%. Riepilogando, le rivalutazioni saranno così distribuite: 100%, fino a 4 volte la pensione minima (sotto i 2.102 euro); 85%, tra 4 e 5 volte (tra i 2.102 e i 2.627 euro); 53%, tra 5 e 6 volte la pensione minima (tra i 2.627 e i 3.152 euro); 47%, tra 6 e 8 volte la pensione minima (tra i 3.152 e i 4.203 euro); 37%, tra 8 e 10 volte la pensione minima (tra i 4.203 e i 5.254 euro); 22%, oltre le 10 volte (oltre 5.254 euro).
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